Isidoro Capitanio (1874 – 1944)
Nasce a Brescia l’8 settembre 1874. Figlio di musicisti, manifestò sin dalla fanciullezza spiccate attitudini musicali. Allievo di Chimeri, Mascardi, Mapelli e Mattioli, diplomatosi in composizione nel Liceo di Bologna, nutrito anche di soda coltura letteraria, si fece ben presto notare come esecutore e come compositore.
Vinto il concorso d’insegnante al civico Istituto Musicale di Brescia, vi tenne dapprima le cattedre d’armonia, solfeggio e pianoforte complementare, in seguito quella di pianoforte principale, esplicando sempre nella scuola un’attività artistica tale da darle un’impronta personale. Pianista da prima nel Trio bresciano e poi nel Quintetto di Bologna, Isidoro Capitanio ottenne, sempre e dappertutto, (come a Bologna, Firenze, Napoli,
Roma) il più ampio e sincero riconoscimento delle proprie doti mirabili d’esecutore e d’interprete. Quale organista, ricercato dalle principali Chiese dì Brescia e invitato spesso come collaudatore, facendosi ovunque apprezzare specialmente per la genialità dell’improvvisazione, fu il titolare alla Chiesa prepositurale di S. Agata.
Dalla sua fiorente scuola privata di pianoforte, armonia e composizione uscivano annualmente giovani che ai Conservatori di Milano e di Parma ottenevano diplomi eloquenti circa la serietà del metodo di insegnamento di Capitanio e del senso d’arte che egli sapeva inspirare nei discepoli. Non si possono dimenticare le sue benemerenze quale organizzatore e direttore di concerti corali e sinfonici nella città di Brescia.
A lui si deve se la Schola Cantorum di S. Alessandro eseguì, in tempi di grigiore per la musica sacra, composizioni vocali che per molti parvero rivelazioni di bellezza.
La produzione musicale del Capitanio è vasta e complessa essendosi egli cimentate con successo in molti generi musicali; di lui abbiamo musica sacra e profana: sinfonica, corale, per archi, per pianoforte, per organo, per canto e piano un trio, un quartetto, un quintetto e un’opera lirica.
In tutta la sua musica spira una grande poesia non disgiunta da un continuo tormento di conquista che si manifesta particolarmente nel procedimento armonico, donde appare anche la sua perizia tecnica, che però non solo non soffoca mai l’ispirazione, ma ne rende possibile la più, completa e sincera estrinsecazione. Per questo, tanto per accennare ad alcune sue composizioni, le «Visioni Mitologiche» per orchestra, eseguite all’Augusteum di Roma e al Colon di Buenos Ayres, il Trio per pianoforte violino e violoncello ed il Quintetto per piano ed archi, noti anche per esecuzioni all’estero, ottennero come tutte le altre composizioni entusiastico consenso di pubblico: per questo la Cantata «Prometeo liberato» ottenne il premio del Comune di Milano, la «Danza di Fakiri» fu premiata in un concorso indetto dalla F.I.P. e la «Berceuse Appassionata» ebbe il premio dell’Associazione Musicisti.
Nel 1934 Isidoro Capitanio porta a termine l’opera teatrale «Dianora de’ Giunti» più conosciuta come «Pasqua Fiorentina», dopo un lungo e minuzioso lavoro compositivo intorno al libretto di Antonio Lega (1884 – 1938), poeta e critico toscano, autore di numerosi testi originali e di
alcune versioni ritmiche italiane di importanti libretti stranieri.
Grazie all’attività di ricerca dell’Associazione Filarmonica “Isidoro Capitanio” Banda Cittadina di Brescia con la creazione del “Fondo documentario Isidoro Capitanio” e alla generosa disponibilità della figlia Myriam Capitanio Bertelli, l’opera lirica viene eseguita in prima esecuzione assoluta al Teatro Grande di Brescia il 4 e 6 dicembre 1998, sotto la direzione del Maestro Vittorio Parisi. In quella occasione venne effettuata una registrazione di Pasqua Fiorentina, disponibile su CD come indicato nella sezione Discografia.
Il 29 dicembre 1944 si spegneva Isidoro Capitanio, nella sua abitazione di via Mazzini 30. Già dalla vicenda umana, pur sommariamente evocata, ben risalta la coscienza, l’anima del personaggio, la modestia di una vita condotta con coerente spirito. L’eredità spirituale del musicista giace nelle pagine scritte, in quella musica troppo poco eseguita, testimonianza di un’arte sapiente e caratterizzata dalla dote dei più grandi: la modestia.